SANDRO CHIA
Sandro Chia nasce a Firenze nel 1946. Nel 1969 si diploma all’Accademia di Belle
Arti della città natale e nel 1970 si trasferisce a Roma, dove inizia a esporre presso
la galleria La Salita. Dopo un periodo di sperimentazione nell’alveo della cultura
concettuale, si avvicina nel 1974 alla manualità della pittura, coniugando però questa
ricerca con una sensibilità tutta particolare per la parola scritta. Nel 1977 avvia
una lunga collaborazione con il gallerista Gian Enzo Sperone e nel 1979 Achille Bonito
Oliva inserisce il suo lavoro all’interno di una nuova tendenza denominata Transavanguardia
e lo invita a esporre nelle mostre da lui curate per affermare il movimento a livello
internazionale: Opere fatte ad arte ad Acireale (1979); Aperto ’80 alla 39.Biennale
di Venezia; Transavanguardia: Italia/America a Modena; Avanguardia Transavanguardia
a Roma; Mythe, drame, tragèdie a Saint-Étienne (1982); Italia: La Transavanguardia
a Madrid (1983). Tra il 1981 e il 1983 è presente in mostre seminali che portano
all’attenzione del grande pubblico il ritorno dell’arte alla figurazione e la nuova
ricerca neo-espressionista: A new spirit in painting, curata da Christos M. Joachimides,
Norman Rosenthal e Nicholas Serota alla Royal Academy di Londra (1981); Zeitgeist,
organizzata alla Martin Gropius Bau di Belino (1982); Concetto Imago alla Bonner
Kunstverein di Bonn (1983). Sempre nel 1982 è invitato da Rudi Fuchs alla prestigiosa
Documenta 7 a Kassel (1982) ed espone nella mostra Italian Art Now: an American Perspective
al Guggenheim Museum di New York. I suoi dipinti celebrano la sensualità del corpo
e la vitalità della natura nell’esuberanza di figure sempre più monumentali, che
trovano presto risoluzione concreta nel bronzo. Nei lavori s’intensifica il dialogo
con temi iconografici, motivi e tecniche – compresa l’incisione - della Storia dell’arte,
rielaborati con un’ironia scanzonata del tutto personale. Raffaello, Michelangelo,
Tiziano, ma anche Picasso, Savinio, De Chirico, Cézanne e Chagall sono i riferimenti
maggiormente riconoscibili nelle sue opere, tra le quali si ricordano i grandi pannelli
dipinti nel 1985 per il Palio Bar and Restaurant di Manhattan. Le mostre antologiche
organizzate dal Museum Stedeljck di Amsterdam, dall’Hannover Kunstverein e dal Musée
de la Ville de Paris lo consacrano negli anni 80 tra gli artisti più interessanti
a livello internazionale e a queste segue nel 1992 l’ampia retrospettiva a lui dedicata
dalla Nationalgalerie di Berlino. Dalla fine degli anni 90 si dedica al mosaico,
coniugando questa tecnica antica con le brillanti cromie della sua tavolozza pittorica.
Da sempre interessato al rapporto tra pittura e poesia, illustra opere di Alda Merini,
Beppe Fenoglio e Gabriel Garcia Marquez. Nel 2009 è invitato da Luca Beatrice e Beatrice
Buscaroli a esporre alla 53.Biennale di Venezia e nel 2010 Achille Bonito Oliva cura
alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma la retrospettiva dell’artista.
FRANCESCO CLEMENTE (Guarda le sue opere in mostra)
Francesco Clemente nasce nel 1952 a Napoli. Conseguita la maturità, si avvicina all’arte
e inizia a dipingere da autodidatta. Nel 1970 si trasferisce a Roma, per iscriversi
alla facoltà di Architettura, presto abbandonata. Frequenta lo studio di Alighiero
Boetti, stringe amicizia con Cy Twombly ed entra in contatto con Joseph Beuys, del
quale condivide gli interessi per l'Antroposofia; con Luigi Ontani frequenta la galleria
L’Attico. S’interessa di cibernetica, filosofia, psicoanalisi e numerologia. Influenzati
dalla ricerca concettuale allora dominante sono i suoi iniziali lavori fotografici,
ma anche l’ampio corpus di disegni che espone nella seconda metà degli anni 70.
Nel 1976 scopre l’India e apre uno studio a Madras, dove avvia inizia a collaborare
con gli artigiani del posto. Nel 1979 Achille Bonito Oliva lo include nel movimento
della Transavanguardia.
Si trasferisce a New York nel 1981. Sperimenta le tecniche più diverse: dalla tempera
all’encausto; dall’incisione alla pittura a olio, con le quali coniuga insieme simboli
e temi di diverse culture e civiltà spesso assai lontane l’una dall’altra, dando
vita a un caleidoscopio di autoritratti, che parlano di sessualità, sogno, spiritualità.
Entra nella Factory di Andy Warhol e nel 1985 lavora, insieme con Jean-Michel Basquiat,
Keith Haring e Kenny Scharf, alla decorazione del nightclub Palladium disegnato da
Arata Isozaki (demolito). L’importanza dei paesi attraversati per la comprensione
dell’arte di Clemente è sottolineata in occasione della prima grande antologica a
lui dedicata, organizzata nel 1985 dal John and Mable Ringling Museum of Art di Sarasota,
in Florida. Nel 1988 espone alla XLIII Biennale di Venezia Il luogo degli artisti. Nel
1990 scopre la Giamaica e apre uno studio in Nuovo Messico. È presente in mostre
nodali come: Italian Art in the Twentieth Century, ordinata dalla Royal Academy of
Arts di Londra (1989) e Allegories of Modernism al MoMA di New York (1992), che
confermano la sua ricerca a livello internazionale. Dopo la 46.Biennale di Venezia
(1995), tiene una personale al Museum für Moderne Kunst di Francoforte e per l’inaugurazione
del Guggenheim Museum di Bilbao realizza La stanza della madre. Sue opere compaiono
nel film Paradiso Perduto, diretto nel 1998 da Alfonso Cuarón. Nel 1999 il Solomon
R. Guggenheim Museum di New York gli dedica una grande retrospettiva.
Risale invece al 2004 l'opera ambientale site specific al primo piano del MADRE di
Napoli ristrutturato da Alvaro Siza, Ab Ovo, composto da un affresco articolato in
due sale e da un pavimento in ceramica con intarsi zoomorfi. Il ciclo Tandoori Satori
(2003-04) ispirato all’iconografia cristiana viaggia dal The Rose Art Museum di
Waltham (Massachussette) al MAXXI di Roma. Datano al 2008 le illustrazioni per il
racconto di Salman Rushdie In the South e nel 2009 il poeta premio Nobel Derek Walkott
presenta l’artista nel catalogo della mostra A History of the Heart in Three Rainbows.
Il suo ultimo ciclo di opere, dedicato ai Tarocchi, è esposto nel 2011 agli Uffizi
di Firenze.
ENZO CUCCHI (Guarda le sue opere in mostra)
Enzo Cucchi nasce nel 1949 a Morro d'Alba (Ancona). Si avvicina alla pittura da autodidatta,
ma la sua iniziale passione è la poesia e nel 1976 pubblica la raccolta Il veleno
è stato sollevato e trasportato. Nella seconda metà degli anni 70 riprende l'attività
artistica, caratterizzata dal recupero di mezzi espressivi tradizionali della pittura,
anche se ripensati attraverso inserti o appendici in ceramica. Nel 1979 è incluso
da Achille Bonito Oliva tra i protagonisti della Transavanguardia italiana ed espone
nella sezione Aperto'80 della 39.Biennale di Venezia curata da questi insieme con
Harald Szeemann. La riscoperta dei linguaggi popolari della propria terra d'origine
e uno sguardo profondo alla Storia dell'arte diventano i poli attorno ai quali si
sviluppa l'indagine di Cucchi, presentata nel 1982 a Documenta 7 a Kassel e nel 1983
alla 4.Biennale of Sydney e nella mostra Zeitgeist alla Martin Gropius Bau di Belino,
che individua nel neoespressionismo lo "spirito del tempo". Nel ciclo del 1984 Vitebsk-Harar
la riflessione di Cucchi si appunta su figure-chiave della cultura moderna: la storia
di Kasimir Malevic, costretto a insegnare nell'accademia reazionaria di Marc Chagall
a Vitesbk, e Arthur Rimbaud. Nello stesso anno si trasferisce a Roma, che diviene
presto motivo ispiratore delle sue opere. La pittura barbarica e densa di materia
dei primi anni lascia il posto a una ricerca più austera e concentrata, spesso monocromatica,
caratterizzata dall'inserimento di pezzi di metallo o legno, come testimonia la retrospettiva
organizzata dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York del 1986 e come già presagivano
le grandi sculture all'aperto realizzate dal 1984. Incentrate sul disegno sono infatti
le personali tenute nel 1987 alla Kunsthalle di Bielefeld e al Carré d'Art di Nîmes
nel 1991. La Biennale di Venezia del 1988 consacra definitivamente l'artista a livello
internazionale. Nel 1989 partecipa alle mostre Italian Art in the 20th Century alla
Royal Academy of Arts di Londra e Le Magiciens de la Terre al Centre Georges Pompidou
di Parigi. Firma scenografie per il Teatro dell'Opera di Roma e per quello di Gibellina;
avvia collaborazioni con architetti, come Mario Botta ed Ettore Sottsass. Al suo
lavoro di artista affianca presto una feconda attività creativa in forma di testi
scritti, spesso destinati ad affiancare le sue mostre. Già presente alla 12.Quadriennale
Nazionale d'Arte di Roma, è invitato nel 1997 a rappresentare l'Italia alla 47.Biennale
di Venezia. Negli anni successivi si dedica al mosaico, uno dei quali è collocato
nel 2004, in seguito a concorso internazionale, all'interno del Palazzo di Giustizia
di Pescara.
Dopo la retrospettiva al Museo Correr a Venezia (2007) nel 2009 è al Museo di Capodimonte
a Napoli, per la mostra Costume interiore, in cui riunisce pittura, disegno, scultura
e architettura. Negli anni successivi s'interessa in particolare alla ceramica, esponendo
nel 2010 i propri lavori al Museo internazionale delle ceramiche di Faenza.
NICOLA DE MARIA (Guarda le sue opere in mostra)
Nicola De Maria nasce nel 1956 a Foglianise, nel Sannio. Dopo il trasferimento a
Torino e la Laurea in medicina, si dedica alla pittura e attraverso Mario e Marisa
Merz s'inserisce nell'ambiente artistico torinese, allora dominato dalla ricerca
poversista e concettuale (1973). All'inizio si occupa di fotografia realizzando diapositive,
destinate a essere proiettate a parete, che riproducono stanze e porte chiuse a restituire
la suggestione di paesaggi interiori e domestici, che nel 1976 espone alla galleria
Modern Art Agency di Lucio Amelio a Napoli. L'interesse spaziale sotteso da questi
lavori si sviluppa dal 1975 in termini propriamente pittorici nel primo dipinto murale,
La leggenda, realizzato dall'artista 1977 nella galleria Franco Toselli a Milano.
Nello stesso anno partecipa alla X Biennale di Parigi e nella capitale francese conosce
il poeta François Cheng, scoprendo profonde affinità tra la propria ricerca e la
filosofia Tao, che ispira nel 1978 il ciclo Parole Cinesi. Nonostante la matrice
astratta del suo lavoro, nel 1979 l'artista è inserito da Achille Bonito Oliva all'interno
della Transavanguardia. Nel 1981 è invitato da Germano Celant nella mostra Identité
italienne: L'art en Italie depuis 1959 al Centre Georges Pompidou di Parigi, dove
espone i suoi dipinti all'interno dell'opera ambientale Un pezzo dell'anima mia,
trasformando lo spazio architettonico dipinto nella cornice di un territorio magico:
un mondo di pace e di bellezza creato ad arte, in cui elementi opposti e contrari
trovano accordo. L'anno seguente è a Documenta 7 a Kassel e nel 1983 tiene due antologiche:
al Museum Haus Lange di Krefeld e alla Kunsthalle Basel curata da Jean-Christophe
Ammann. Nello stesso anno, in occasione della mostra Concetto-Imago al Kunstverein
di Bonn, presenta Universo senza bombe, capostipite di una lunga serie di opere tutt'ora
in essere. Nel 1985 espone per la prima volta a New York nella mostra An International
Survey of Recent Painting and Sculpture, curata da Kynaston McShine al The Museum
of Modern Art. Negli anni successivi la sua pittura si arricchisce di materia cromatica,
segni, ideogrammi, sgocciolature, che nel decennio successivo arrivano ad acquistare
spessore magmatico. Nel 1991 è invitato con una sala personale alla 44.Biennale di
Venezia. Illustra i volumi di scrittori poeti, come Francesca Genti e Alfredo Giuliani.
Viaggia in Giappone, dove conosce Atsuko Tanaka, esponente del Gruppo Gutai (2003).
L'anno dopo il MACRO di Roma organizza una grande retrospettiva della sua opera,
Elegia cosmica, curata da Danilo Eccher e Bonito Oliva. Nello stesso anno interviene
al Convegno internazionale sullo stato dell'arte e della cultura degli anni 90 promosso
dalla Quadriennale Nazionale di Roma. Tra il 2005 e il 2009 partecipa a due edizioni
di Luci d'Artista a Torino, per il quale concepisce Regno dei fiori: nido cosmico
di tutte le anime, che trasforma in fantastici alberi multicolori i pali della luce
di piazza Carlo Emanuele II (2005) di piazza San Carlo (2009).
MIMMO PALADINO (Guarda le sue opere in mostra)
Domenico Paladino nasce a Paduli (Benevento) nel 1948. Attraverso lo zio pittore
matura la propria inclinazione all'arte e nel 1968 conosce il critico Achille Bonito
Oliva, che l'anno seguente presenta la sua personale alla Galleria Studio Oggetto
di Caserta. Risalgono alla metà degli anni 70 lavori fotografici nati nell'ambito
della ricerca concettuale allora dominante; ma già dalla fine del decennio le sue
doti di disegnatore lo impongono all'attenzione della critica. Punto di svolta della
poetica di Paladino è il dipinto Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro che,
esposto nel 1978 all'interno di un'opera ambientale come un provocatorio ready made
duchampiano. Paladino riscopre dunque la pittura e recupera il colore, muovendosi
tra figurazione e "informale" e tenendo sin dal 1979 personali nei musei di Ginevra,
Rotterdam e Amsterdam. Nello stesso anno il suo lavoro è inserito da Bonito Oliva
all'interno della Transavanguardia e nel 1981 è esposto nella mostra A New Spirit
in Painting alla Royal Academy of Art di Londra. Sperimenta le tecniche più diverse:
dall'encausto al calco in gesso, dall'incisione alla ceramica alla scultura in bronzo.
Il suo linguaggio attinge forme e iconografie dalle fonti più diverse: dall'arte
egizia a quella greco-romana e medievale; dalla ricerca cromatica di Klee e Kandinsky
a quella di Yves Klein, agli assemblaggi di Robert Rauschenberg, trovando ispirazione
in un immaginario popolare e ctonio, magico e alchemico, al quale si sovrappone dal
1982 una componente animistica assimilata durante i numerosi viaggi in Brasile. A
metà degli anni 80 si assiste, da una parte, all'uso di cromie terrigne e scure e,
dall'altra, alla conquista di una saturazione della superficie pittorica, la cui
bidimensionalità cede sotto l'assedio di interventi plastici e oggetti di recupero.
Un serrato dialogo tra pittura e scultura che trova compiuta espressione nel 1988
nella sala personale alla 43.Biennale di Venezia. Caratterizza il decennio successivo
una ricerca di maggiore essenzialità e rigore geometrico, che porta l'artista a riscoprire
la lezione di Fausto Melotti e i Quanta di Lucio Fontana. Nascono da qui lavori come
Non avrà titolo e Respiro, presentato nell'antologica a lui dedicata nel 1994 dalla
città di Napoli, dove Paladino espone la Montagna del sale, nata nel 1990 come scenografia
per La sposa di Messina di Schiller diretta da Elio Capitani a Gibellina. Il nuovo
millennio si apre con la più completa retrospettiva della sua opera, curata da Bruno
Corà al Centro di arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato nel 2002 e con l'incarico
di rappresentare l'arte nostrana durante la presidenza italiana a Bruxelles (2003).
Nel 2004 vince il premio UBU per la scenografia. Dopo le collaborazioni con Renzo
Piano a San Giovanni Rotondo (2004), Franco Purini a Lecce e Piero Sartogo a Roma
(2006), è impegnato nel progetto di riconfigurazione urbanistica della piazza antistante
il Museo Leonardiano a Vinci, inaugurato nel 2006. Nel 2011 Palazzo Reale di Milano
rende omaggio all'artista con una'ampia antologica.